Storia e Tradizioni
La più orientale delle regioni italiane, ai confini con l’Austria e con la ex Yugoslavia, che include l’esigua area istriana attorno a Trieste, secondo gli storici conosce la viticoltura fin da tempi antichissimi, quando le prime varietà di Vitis vinifera vi giunsero dall’Oriente, assai prima della conquista romana.
Probabilmente la vite veniva coltivata dai Celti prima dell’arrivo dei Romani in Friuli, ma fu la loro decisione di costruire Aquileia nel 183 a.C. a dare il via alla prima coltura intensiva della vite. Ad Aquileia infatti, una delle prime città dell’Impero Romano, arrivarono miglia di coloni con l’obiettivo di sottomettere le popolazioni locali e di diffondervi la vitivinicoltura.
Le testimonianze scritte e le migliaia di anfore ritrovate testimoniano che l’iniziativa enologica ebbe un sicuro successo e che Aquileia, allora porto, era diventata un emporio enologico di grande traffico. Da lì si sviluppavano i traffici verso tutta la regione, grazie alla rete stradale costruita dai conquistatori.
Uno dei suoi momenti migliori l’enologia friulana lo visse sotto il dominio veneto (tra il cinquecento e il settecento) e, centocinquant’anni più tardi sotto quello austriaco. Da una parte i notabili friulani fecero conoscere la bontà dei vini prodotti dai propri vignaioli presso tutte le corti europee, dall’altra la lungimiranza amministrativa austriaca mise a punto il catasto, e per le contee di Gradisca e di Gorizia diede il via alla prima classificazione delle vigne “in ragione della loro bontà”. I responsabili dei beni culturali, ambientali ed artistici della Corte di Vienna si erano infatti posti il problema di censire l’enorme varietà di tipi che caratterizzavano in quei tempi le coltivazioni dei terreni viticoli. Un catalogo stilato dal conte Pietro di Maniago conteneva ben 127 vitigni. Un altro, dopo quaran’anni, 357. I primi anni del secolo videro un nuovo declino causato dalle malattie fungine, e gli insetti misero in ginocchio la vitivinicoltura di mezza Europa, compresa quella friulana. Finite le guerre, trovati i rimedi alle fitopatie, rientrati molti emigranti, ecco la viticoltura diffondersi di nuovo con il continuo aggiornamento tecnologico delle cantine e l’accresciuta professionalità degli operatori. I traguardi di qualità, quantità e diffusione raggiunti dal vino friulano nel mondo sono la somma delle battaglie, esperienze, lotte, sofferenze, e capacità di una larga parte degli agricoltori di questa regione.
Un’incessante evoluzione e una sicura predilezione per questa coltura ha conferito da sempre pregio ai vini friulani e giuliani i quali, più recentemente, hanno ribadito la loro classe inconfondibile ottenendo riconoscimenti e successi nazionali e internazionali. Al punto che si può con ragione parlare di un autentico stile enologico friulano fatto di predilezione per i vini da monovitigno, di rispetto per la fragranza aromatica, di ampie selezioni varietali, di costante sperimentazione e di caparbia intransigenza nella ricerca della qualità, di cui e sintomo inequivocabile la bassa resa per ettaro dei vigneti.
Visitiamo il territorio e le sue produzioni:
Riprova del livello elitario dei vini della regione è l’alta percentuale di prodotti a DOC Ciò su una produzione totale modesta ma ragguardevole, se si considera che un 2% circa della produzione nazionale è ottenuto da un vigneto relativamente ridotto come estensione, coltivato con criteri di bassa resa e di elevata qualità.
Il territorio comprende le Prealpi Carniche e le Prealpi Giulie, una vasta zona pianeggiante solcata dal Tagliamento e da altri fiumi minori, si affaccia all’Adriatico con una bassa pianura che fronteggia le lagune di Marano e di Grado e si prolunga poi dal Carso verso Trieste fino a Muggia in una sottile striscia costiera istriana.
Il Friuli-Venezia Giulia è una delle cinque regioni italiane a statuto speciale; terra di confine, ha una storia tormentata che dal punto di vista enologico prese una nuova svolta dopo la prima guerra mondiale, quando il reimpianto di tanti vigneti distrutti offerse lo spunto per sperimentare vitigni stranieri che si sono poi inseriti nella gamma di quelli nostrani, alcuni dei quali addirittura storici come il Refosco, identificabile con una varietà già celebre in epoca romana. Sussistono altri vitigni forse antichi e comunque rintracciabili nelle cronache medievali; Ribolla, Pignolo, Malvasia Istriana, Verduzzo e poi, a frutto nero, Schioppettino e Tazzelenghe. Altri vitigni tipici o addirittura in evidenza come il Tocai Friulano e il Picolit non hanno provenienza accertata ma lunga tradizione. Quanto ai vitigni stranieri prevalenti, i rossi Merlot e Cabernet Franc e Sauvignon e i diversi Pinot Nero, Grigio, Bianco, aprono la fila insieme ai bianchi come Chardonnay, Sauvignon, Riesling, Traminer. Ma numerose sono poi le varietà raccomandate o autorizzate. Il vigneto friulano che come s’è detto, è destinato a basse rese, presenta in collina una forma di allevamento a “doppia arcata capovolta” e in pianura un sistema detto “casarsa” predisposto per la vendemmia meccanizzata.
Le Grave del Friuli, così dette dal francese graves che designa terreni analoghi del Bordolese, stanno ai piedi di un anfiteatro morenico dove le erosioni fluviali hanno accumulato e depositato terreni grossolani, ghiaiosi che si prestano alla viticoltura. In questa zona pianeggiante fra Udine e Pordenone scorre il Tagliamento; su appezzamenti a strutture morfologiche variabili e nei diversi microclimi delle vaste Grave allignano numerose varietà di vite per la produzione di vini rossi, soprattutto Merlot e bianchi, la cui produzione è sempre in aumento, capeggiati dal Tocai Friulano. La D.O.C. Grave del Friuli si specifica con un’intera gamma di vitigni fra cui i Cabernet, il Pinot Grigio e Bianco, il Refosco dal Peduncolo Rosso, il Verduzzo Friulano e via dicendo.
La Piana bassa al di sotto delle Grave, caratterizzata dalle risorgive – cioè da acque che ritornano in superficie dopo percorsi sotterranei – si estende fino al litorale adriatico con terreni formati da sedimentazioni di materiale leggero, argilloso, limo, sabbia, sui quali, date le favorevoli condizioni climatiche, sono coltivati vitigni che danno prodotti interessanti. Nel tratto più occidentale la pianura bassa confina col Veneto e include la parte settentrionale della zona da cui si ottengono i vini DOC Lison-Pramaggiore (vedere Veneto).
Nella zona di Latisana, su terre in parte di bonifica, si coltivano vitigni a frutto rosso che danno vini rossi e rosati solitamente piuttosto leggeri rispetto ai vitigni a frutto bianco. Anche la DOC Friuli Latisana si applica a una serie di prodotti prevalentemente da monovitigni: Merlot, diversi Cabernet’ Refosco fra i rossi, Tocai, Pinot Bianco e Grigio, Verduzzo Chardonnay e altri fra i bianchi, più i rosati da uvaggio.
La zona di Aquileia, più a est, possiede anche terreni calcarei e gode di un mite clima marittimo che influiscono sulle viti da cui si ottengono vini, sia rossi sia bianchi, beverini, fruttati, sempre distinti per vitigno, secondo lo stile regionale. La D.O.C. Aquileia o Aquileia del Friuli include anche un rosato da uvaggio.
I Colli Orientali del Friuli appartengono alla parte più classica e più apprezzata del vigneto friulano. Si tratta di rilievi di modesta altitudine, geologicamente piuttosto omogenei, che si distendono in una fascia ai piedi delle Prealpi Giulie, da Tarcento a Cividale del Friuli, poi più a sud fino a Buttrio e a Corno di Rosazo, che già risentono dell’influsso dell’Adriatico con un microclima meno freddo e umido. Proprio per questo nella zona meridionale si trovano maggiori concentrazioni di vigneti, specialmente a frutto bianco, che producono in prevalenza vini Tocai, Ribolla, Pinot, Chardonnay, Sauvignon. I rossi dei Colli Orientali, corposi e coloriti, sono soprattutto Cabernet e Merlot, pur se la DOC e riferita anche ad altri vitigni. Tuttavia i vini più caratteristici dei Colli Orientali sono il Picolit dolce, soprattutto della zona fra Rocca Bernarda, Bosco Romagno e Prepotto; il Ramandolo dal vitigno Verduzzo Friulano, specialmente della zona settentrionale attorno a Nimis e Tarcento, lo Schioppettino di Prepotto e di qualche altra località.
Il Collio Goriziano, simile ai Colli Orientali come caratteristiche pedologiche e morfologiche, con un microclima così dolce da consentire persino l’olivicoltura, vanta colture a vigna compatte, ordinate e ben irrigate, su terreni friabili la cui componente minerale consente la produzione di vini bianchi profumati, fini, eccezionalmente armonici e di vini rossi piacevoli, morbidi, profumati. Questo piccolo comprensorio è costituito da una fascia collinare arrotondata che segue il confine di stato con la ex Yugoslavia; per apprezzarne la meticolosa viticoltura, basta visitare i vigneti attorno alle città di Cormons, di Fara d’Isonzo e di Gorizia o quelli più elevati attorno a San Floriano. Anche nel Collio Goriziano la maggior parte della produzione vinicola riguarda i vini bianchi, con in testa il Tocai, poi il Pinot Bianco, il Pinot Grigio, lo Chardonnay, il Sauvignon. Pregevoli però sono i rossi, specialmente Cabernet Franc e Merlot, che riescono corposi, fruttati, in parte adatti all’invecchiamento. Anche questa zona ha ottenuto la propria DOC Collio Goriziano o Collio, che può indicare un vino bianco e un vino rosso da uvaggi ma che poi, secondo lo stile “varietal” regionale, designa vini precisati dal relativo monovitigno.
La Plaga Isontina, costituita dai depositi alluvionali dell’Isonzo fino a Monfalcone, ha clima temperato e composizione dei terreni diversa sia da quella delle altre zone pianeggianti, sia delle zone collinari. Soprattutto nella parte più settentrionale, i vini sia rossi che bianchi sono intensamente fragranti, con più personalità degli altri vini di pianura e abbastanza paragonabili a quelli del Collio, dei quali condividono anche la gamma di vitigni.
Il Carso, ossia la striscia di Istria italiana fino a Trieste e Muggia, occupa un altopiano i cui terreni sono assai particolari, composti prevalentemente da calcare gessoso, porosi, solcati da corsi d’acqua sotterranei – formazione geologica detta appunto “carsica”. In questo ambiente praticamente unico, dov’è particolare anche il clima instabile – mite lungo il golfo, rigido e spesso ventoso all’interno – su colline che raggiungono altitudini variabili fra 200 e 500 m si coltivano soprattutto i vitigni Refosco Istriano, più comunemente detto Terrano (rosso) e Malvasia Istriana (bianca). Se ne ricavano vini interessanti (qualificati con la DOC Carso) dei quali si dice persino che abbiano proprietà medicamentose dovute alla ricchezza di minerali che derivano dalle caratteristiche del terreno locale.
Friuli Annia è l’ultima denominazione creata in Friuli Venezia Giulia, riconosciuta con Decreto del 27 Ottobre 1995. Grazie ai particolari terreni i vini bianchi godono di buoni e intensi profumi. Il Tocai è la varietà di uva più coltivata. I vini rossi Friuli Annia hanno un buon corpo e sono vinosi al punto giusto. Il loro gusto è senzaltro carico di piacevolezza.